Noi fotografi lo sappiamo bene, prima o poi succede a tutti. Dopo appena qualche anno sul mercato, qualche cliente per il quale non vorrai più lavorare ti capiterà di sicuro. Clienti per i quali la tua opera potrebbe essere paragonata a quella di un operaio alla catena di montaggio. Mestiere rispettabilissimo, ma fatto di vero lavoro fisico. Manodopera nella sua concezione più primordiale. Nessuna richiesta di creatività, sensibilità artistica o il benché minimo ragionamento.

Servizi fotografici in cui devi limitarti a fare solo ciò che il cliente ti dice il cliente, dalle inquadrature alla disposizione degli oggetti. Perché per loro sei sei solo “quello che scatta la fotografia“. Quello che serve all’azienda lo sa solo il cliente. Il tuo compito consiste nel portare la macchina fotografica, quella che ha anche il nipote di suo cugino, qualche flash e magari anche gli stativi, ma la creatività no, quella puoi anche lasciarla a casa. Il servizio fotografico è firmato e diretto da loro. Non sei che un mero esecutore della volontà altrui. E non importa se ciò che a loro piace non corrisponda allo standard del loro settore. Se piace al cliente tutto può andare bene, dalla fotografia totalmente bruciata a quella totalmente distorta dal grandangolo.

Il cliente ha sempre ragione?

Il cliente che ho cercato di descrivervi è il più terribile che possa capitare ad un fotografo. Quello che finisce per farti detestare il tuo lavoro. Ed è proprio in casi come questo che rifiutare una collaborazione è vivamente consigliato. Perché se ti ha fatto problemi la prima volta, non potrà che fartene la seconda. Facendoti sudare sette in camicia in fase di scatto, per poi non darti mai dimostrazione di gratitudine o non dimostrandosi mai pienamente soddisfatto durante la visione delle fotografie.

“Le figure professionali continuano a scontrarsi con commesse in cui vengono chiamati a fare da “manovali”. Questa cosa in realtà ha ben poco senso, perché se ci si rivolge ad un professionista sarebbe più intelligente fornire un’idea di quello che si vuole comunicare, e lasciarsi guidare dal creativo che si è scelto”

Martin Benes del Creative Pro Show aveva proprio ragione ad affermare questo.

 Purtroppo il cliente “tipo” spesso questo aspetto lo dimentica esattamente l’attimo dopo che ti ha scelto. Che si tratti di un fotografo, o di un grafico, il cliente tipo è rapito da una smania di presunzione. Che lo porta a pensare d’avere la capacità o il buon gusto per sapere quali colori vanno usati, come si deve inquadrare, quale obiettivo adottare, etc. Un gusto puramente soggettivo che non considera minimamente quello che è il gusto del fruitore finale. Unico metro valido per poter davvero puntare al successo della propria azienda.

Per fortuna la probabilità di essere investiti da clienti di questo genere è molto bassa. E nonostante tutto, una domanda rimane ancora senza risposta: perché scegliere un fotografo professionista, magari grazie al suo portfolio, salvo poi pretendere di mettere bocca su tutto? Non lo si è per caso scelto per ciò che ha dimostrato con i suoi precedenti lavori? E allora affidatevi al professionista. Lasciategli fare il suo lavoro. 

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